L'architettura contemporanea è imprigionata dal muro di gomma di immagini sorde ad ogni relazione con il mondo reale. Viceversa, nel paesaggio dilaniato, l'architettura, che è sempre ricostruzione, deve cercare una nuova consapevolezza critica. Perché ancora e solo le misure vere possono dare alimento al sacro fuoco dell'arte, che si manifesta esclusivamente, tra il darsi e il ritrarsi della fiamma, quando il proprio apparire è regolato. In sette brevi testi Paolo Zermani traccia una intensa testimonianza, che ha il valore di invettiva contro l'oblio del ruolo disciplinare. Solo se accetterà di proporsi come "continua, inesausta cura della ferita che l'uomo arreca ogni giorno al corpo del mondo", l'architettura potrà riconquistare posto fra le cose.