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caminito giulia - l'acqua del lago non e' mai dolce

L'ACQUA DEL LAGO NON E' MAI DOLCE


4 stelle su 5 1 recensioni presenti


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Dettagli

Genere:Libro
Lingua: Italiano
Editore:

Bompiani

Pubblicazione: 01/2021





Trama

Odore di alghe limacciose e sabbia densa, odore di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d'acqua: è il lago di Bracciano, dove approda, in fuga dall'indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, donna fiera fino alla testardaggine che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. Antonia è onestissima, Antonia non scende a compromessi, Antonia crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacità di tenere alta la testa. E Gaia impara: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo. Sembra che questa ragazzina piena di lentiggini chini il capo: invece quando leva lo sguardo i suoi occhi hanno una luce nerissima. Ogni moto di ragionevolezza precipita dentro di lei come in quelle notti in cui corre a fari spenti nel buio in sella a un motorino. Alla banalità insapore della vita, a un torto subito Gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinità muta. Sono gli anni duemila, Gaia e i suoi amici crescono in un mondo dal quale le grandi battaglie politiche e civili sono lontane, vicino c'è solo il piccolo cabotaggio degli oggetti posseduti o negati, dei primi sms, le acque immobili di un'esistenza priva di orizzonti.




Recensione Libraio

Ci vogliono le unghie e i denti per ritagliarsi il proprio posto nel mondo, quando si parte svantaggiati, in fondo alla fila. Un padre operaio in nero finito in sedia a rotelle, senza sostegno, senza civiltà, venti metri di casa, quattro ragazzi, la mamma guerriera che urla e combatte per una casa popolare, un’adolescenza segnata dalla povertà, dalla disuguaglianza.

Giulia Caminito scrive una storia vera, non solo perché nata dai racconti di tre donne forti, ma vera soprattutto perché tragicamente comune: L’acqua del lago non è mai dolce è un romanzo feroce, intriso dalla rabbia di chi non ce la fa, è rispedito indietro, tenuto sotto il livello delle acque limacciose della vita.

 

“Penso che siamo materiali di scarto, carte inutili in un gioco complicato, biglie scheggiate che non rotolano più.”

 

Gaia cresce in una famiglia dove niente è facile, e pertanto niente è superfluo. La madre Antonia è una donna resa dura dalle difficoltà, da quel marito che doveva badare a lei e ai suoi figli, e adesso è una statua immobile, dalla necessità di assicurare protezione a tutti, dall’andare avanti con decenza, a qualunque costo. E allora si taglia tutto, si mangiano avanzi, si fanno le pulizie per campare, si raccolgono i vestiti gettati dagli altri. Una vita precaria, una casa raccapezzata con quello che si trova, la miseria compagna di vita, fatta di scarti.

Quando Antonia riesce a trasferire la famiglia a Anguillara Sabazia sul lago di Bracciano, Gaia ha compagni di classe con i cellulari, i motorini, le scarpe belle. Per lei, con i capelli tagliati dalla madre, i vestiti vecchi del fratello, il diario fatto di due quaderni incollati tra loro, c’è un conflitto tra desiderio di essere accolta e vergogna della propria situazione. E mentre le altre ragazze parlano di trasmissioni televisive, si scambiano cuoricini con i messaggi, si truccano e vivono la loro spensieratezza, Gaia cresce di furore, di violenza rabbiosa e di negazione, che è il dolore più subdolo perché omettere per farsi accettare è una vergogna bruciante, e lei deve omettere tutto, la sua famiglia, la sua casa, la sua vita. Soprattutto i suoi sogni.

 

“Questa nuova scuola da subito mi rigetta, come salsa scaduta, surgelato sciolto, e io per questo resto e mi ancoro, col mio zaino sfondato e il quaderno al posto del diario, faccio barricata e competo, se vedo campi di battaglia inizio a marciare.”

 

In una società consumistica che definisce le persone in base all’avere, Gaia vive la diversità, l’esclusione, il bullismo: è tollerata ma tenuta da parte, difettosa. E reagisce con violenza.

La giornata al fronte di sua mamma si ripercuote su di lei, soffocandola. Perché Antonia è ostinata e intransigente, per la figlia vuole riscatto, studio, studio e ancora studio: Gaia deve farcela, avere l’istruzione che a lei è stata negata. Il superfluo di Antonia è il lusso di un vocabolario, per tanto tempo l’unica cosa nuova che possiede Gaia: parole come gioielli, un tesoro su cui fondare una prospettiva di redenzione.

A poco serviranno le esperienze di amicizia, gli amoretti dell’età: sono illusioni che durano poco, fanno credere per un momento che l’acqua è dolce, fanno abbassare i pugni. Ma Gaia resta quella senza televisione, senza telefono, senza il Natale, una poveraccia con la madre che pulisce i bagni, con il terrore che la casa venga tolta. E i pugni abbassati fanno si che il colpo arrivi forte e dritto in faccia.

Alla fine sono tutti potenziali nemici verso i quali la vergogna diventa odio: Gaia per tutti non è altro che la figlia di Antonia la Rossa, la ragazza che ama la mattanza, il sangue sparso e le ferite.

 

“Va bene che affondino gli altri, che vengano attribuite colpe inventive e immaginarie, l'importante è che io resti e galleggi, che io affiori in superficie.”

 

Un libro amaro sull’irreversibilità del destino, una scrittura nervosa, ossessiva nei suoi elenchi, come in un affanno rabbioso che ha la capacità di portare in superficie il sommerso, e poi tornare a fissare l’acqua scura di un lago che resta lì, immobile e torbido, come moribondo.

C’è un futuro già scritto per quelli come Gaia, anche con i voti migliori di tutti, anche con l’università: la società li inghiotte. Giulia Caminito scrive la durezza e il malessere di una storia amara di provincia, raccontando donne forti, vere, e sconfitte: sopra a tutte, immensa nella sua coriacea onestà, la madre Antonia, personaggio indimenticabile, che non smette mai di provarci e per salvare la figlia la condanna alla prigionia dell’anima.

 

“Ho sempre freddo e sonno e fame d'apprezzamento, necessità che nessuno si dimentichi di me, voglia di presentarmi e ripetere: Eccomi, eccomi, eccomi qui.”

Recensione di Francesca C.









Altre Informazioni

ISBN:

9788830103245

Condizione: Nuovo
Collana: NARRATORI ITALIANI
Dimensioni: 205 x 30 x 154 mm
Formato: Brossura
Pagine Arabe: 304





I vostri commenti al Libro

1 recensioni presenti.

17/09/2021 Di pasqua.pollicelli
4 stelle su 5

Non l'ho ancora letto, lo farò a breve



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