Nella logica di un recupero completo e aggiornato dell'opera di Dante in tutte le sue componenti storiche, uno spazio autonomo non poteva non essere riservato alle Opere di dubbia attribuzione e altri documenti danteschi. Tra quelle, un posto di rilievo spetta a "Il Fiore e il Detto d'Amore": i due poemetti scoperti alla fine dell'Ottocento e subito attribuiti a Dante da una parte della critica. Si tratta - com'è noto - di due parafrasi, parallele e complementari, del "Roman de la Rose", capolavoro del Duecento francese, destinato a grande fortuna in àmbito europeo. Se l'attribuzione resta incerta, ancorché sostenuta da studiosi del valore di Guido Mazzoni, Pio Rajna, Gianfranco Contini, sicuro è il pregio letterario dei due poemetti, probabilmente opera di un unico autore, la cui presenza nel panorama culturale del Duecento italiano è degna di ogni rilievo. Edite criticamente e con ricchezza di apparati filologici ed esegetici da Contini, le due opere vengono ora riproposte in un testo attentamente riveduto e ammodernato nella resa grafica, così da renderne più agevole la lettura, corredato di un ampio commento che riunisce i dati utili a una valutazione puntuale: dai riscontri col romanzo francese, per la prima volta affiancati da una traduzione italiana, ai raffronti più significativi con l'opera di Dante e la poesia italiana del Duecento. L'edizione è preceduta da un'ampia Introduzione che ripercorre l'intricata questione attributiva.