Non c'è autore più insofferente alle convenzioni di Witold Gombrowicz. I suoi racconti, qui raccolti integralmente per la prima volta in Italia, sono una sintesi perfetta della sua satira conturbante, della sua visione grottesca del mondo, delle sue narrazioni paradossali e stridenti, della sua capacità di dare vita a figure irregolari e assurde, in grado di frantumare in pochi istanti le regole su cui poggia la società. Attraverso un linguaggio levigato, in cui rimbalzano giochi di parole e neologismi, Gombrowicz fa sfilare in queste pagine come in una folle parata un antisemita che si scopre figlio di un'ebrea convertita, un marito che disprezza l'avvenente moglie per perdersi dietro alle gambotte storte e fregiate di venuzze delle donne di servizio, un magistrato paranoico, una donna pazza di desiderio fidanzata con un vergine determinato a rimanere tale, un bandito terrorizzato dalla «rattità» dei ratti, un re corrotto fino alla follia, un giovane conte che trova interesse solo nelle radio. Una dissacrante rassegna di anormali che, alternando il comico e il tragico, mette alla berlina le convenzioni borghesi e i tic dell'aristocrazia, il moralismo e la famiglia, il romanzo tradizionale e le opere edificanti. In queste storie tutto è messo in discussione: quella di Gombrowicz è una lettura ironica e disillusa della realtà che non risparmia né la letteratura, né i sentimenti. E, come testimonia il suo racconto più autobiografico, nemmeno se stesso: «Alla domanda se, come scrittore, intendo continuare a migliorare per lo Spirito, la Cultura, l'Arte ecc., rispondo: no, no, assolutamente no!».