In questo profetico saggio del 1904 Péguy si pone in netta polemica con l'omologazione culturale del suo tempo, con "La" grande ambizione della cultura moderna: la pretesa della sistemazione definitiva del reale. Anticipando i rischi di un sapere totalizzante che aspira a diventare politico e totalitario, Péguy ridefinisce in modo originale il "moderno" e le dimensioni fondamentali della ricerca storica, fatta da uomini e di uomini. La realtà, la vita delle persone, la storia non sono affatto "disposte" ad essere sistemate. Ed ecco innalzarsi da Zangwill un inno alla vita, uno dei migliori canti all'essere del Novecento e insieme, come sempre in Péguy, un invito appassionato al lavoro quotidiano.