Nelle società sfidate dalla crisi del welfare pubblico, il welfare aziendale in quanto strumento che consente di mantenere in equilibrio due interessi in gioco - il lavoro e le esigenze delle persone - diventa un architrave del modello sociale europeo. I vantaggi per l'impresa (benefici fiscali, rafforzamento del legame con i lavoratori, aumento della produttività) e i vantaggi per i lavoratori (soddisfacimento di alcuni bisogni essenziali, di alcune richieste "gratificanti" e maggiore benessere organizzativo) viaggiano sullo stesso binario con il risultato che si sostanzia in un nuovo patto di fiducia tra l'azienda e la persona. Gli incentivi premiano le aziende che sottoscrivono accordi per aumentare la produttività e si è ampliato il paniere di servizi che possono rientrare all'interno del welfare defiscalizzato. L'estensione del welfare contrattato alle piccole e medie imprese resta un nodo da sciogliere: un accordo quadro inter-confederale tra Confindustria e confederazioni sindacali è stato sottoscritto nel luglio del 2016, ma la strada da percorrere è ancora molta, anche per scongiurare le tradizionali asimmetrie che caratterizzano il nostro paese e che sono il riflesso di differenze tra i territori, tra le dimensioni delle imprese e tra le categorie dei lavoratori. In questo scenario il welfare aziendale si configura come strumento di "ingegneria organizzativa" e di innovazione sociale. Ecco che il welfare da "carrello della spesa" si configura sempre più come opportunità per "ridisegnare" il luogo di lavoro del futuro e creare opportunità di maggiore partecipazione dei lavoratori favorendo al contempo un cambiamento basato su nuove logiche organizzative.