Quarta incursione di William Friedkin nel poliziesco metropolitano, il neonoir "Vivere e morire a Los Angeles" è stato considerato, fin dalla sua distribuzione, «un pionieristico esempio di avanguardia pop, capace di dialogare con il più raffinato audiovisivo del suo tempo, tanto dal punto di vista dei contenuti quanto da quello visivo. Un noir forse troppo colto per ambire a quel consenso generalizzato a cui doveva aspirare una forma d'arte per definizione minore come il cinema di genere». Adattamento cinematografico del romanzo di Gerald Petievich, agente federale, il film si è guadagnato negli anni uno status cultuale in buona .parte dovuto al cospicuo debito contratto nei suoi confronti da tutto il poliziesco successivo del cinema americano, soprattutto sul piano espressivo per i brani pop rock eseguiti dai Wang Chung nella colonna sonora, le adrenaliniche scene d'azione e la varietà cromatica della fotografia di Robby Múller. Con "Vivere e morire a Los Angeles" Friedkin tende ancora una volta a imporsi come uno degli -irregolari- del cinema americano, poiché nella sua poetica il poliziesco ha sempre svolto la funzione di una coordinata per definire l'ambiguità, e il labile confine fra bene e male.