mescola uno stile tipico di quella grande letteratura americana che si muove tra O'Connor e Hemingway.
"In terza media, per noi Gesù Cristo era stato chiacchiere e farina
di ossa per la maggior parte dei suoi 1974 anni. Ma avevamo solo tredici anni. Eravamo temerari, banditi. Io avevo un nome da femmina,
Francis, e un’ernia."
E quindi, protagonista di Vite pericolose di bravi ragazzi è Francis insieme a Tim e ai suoi amici. Sono ragazzi come tanti che scorrazzano in bici, litigano, servono messa e frequentano la stessa cattolicissima scuola, Il Cuore Benedetto.
Come nella migliore tradizione del romanzo di formazione americano che ci ha regalato figure di ragazzini indimenticabili, anche Vite pericolose di bravi ragazzi mantiene questa promessa.
Seguiamo Francis e l'amore che sboccia per la coetanea Margie, eterea e riservata, conosciuta dopo una messa. E Tim, gracile e geniale. E tutti gli altri ragazzini, tra scontri tra bande, riti di iniziazione, scoperta di amore e di sesso e idee geniali che finiscono male.
Perché i protagonisti di Vite pericolose di bravi ragazzi un giorno realizzano un fumetto scabroso che finisce in mano alle suore della scuola.
Tutti rischiano la bocciatura e per evitarla elaborano un piano apparentemente perfetto: rapire una lince e liberarla nella scuola per distogliere l'attenzione da un problema creandone un altro.
Il geniale piano non è così geniale e le conseguenze di questa ingenua e incosciente bravata saranno inaspettate.
Vite pericolose di bravi ragazzi di Chris Fuhrman è un potente inno alla libertà, alla giovinezza tratteggiata tra luci e ombre, in quella linea invisibile di passaggio che, una volta attraversata (come in
Stagioni Diverse di Stephen King) segna l'addio ad infanzia ed innocenza.