Intorno al V secolo, la vite aveva seguito le sorti dell'impero romano: era anch'essa andata in rovina. Grazie ai monasteri, al cristianesimo, si assistette alla rinascita della coltura della vite, curata dai patres vinearum, i padri della vigna, guidati dal prepositus, responsabile della cura delle viti e della cantina. Il vino ha una posizione speciale nel cristianesimo, è più di una semplice bevanda, grazie alla sua sfera sacra, essenziale nella liturgia della santa messa in virtù della transustanziazione, ossia la trasformazione del pane e del vino nella carne e nel sangue di Gesù Cristo. I monaci curarono la propagazione e la coltura della vite, la conseguente produzione del vino e la sua conservazione. Furono loro a introdurre il filare indipendente, a migliorare le tecniche viticole, a diffondere gli innesti. Realizzarono bonifiche, irrigazioni, disboscamenti, dissodamenti, debbi, sovesci, applicarono risolutamente la rotazione delle colture, impiegarono la concimazione, usarono la selezione delle sementi e delle razze animali, per quanto le conoscenze del tempo lo consentivano.