I primi giorni lontano da casa sembrano durare anni. È come preparare uno spettacolo teatrale: bisogna allestire le scene, studiare le ambientazioni, rinfrescare il testo. Un mondo di novità che i sensi non riescono a cogliere tutto: la strada, il colore del cielo, un universo sonoro fatto di una lingua diversa, di rumori inusuali. I rintocchi delle campane. I vuoti. Poi c'è quello che Camus chiama "l'apparato scenico interno": scrollarsi dalle abitudini, dimenticare giornali, televisore, i soliti passi e i soliti gesti, l'odore di casa. Uno sforzo continuo e inconsapevole, un sacrificio dolce venato di malinconia: l'essenza del viaggio. Camus lo definisce il senso dell'eternità e c'è qualcosa di vero in questo.