"Via da questa arsura" di Antonio Tammaro è poema intriso della sacralità della terra, un canto composto agli dèi del sangue, che ogni cosa conoscono del ciclo generativo, rafforzato da inserti di dialetto molisano che affermano la necessità di stare anche nella tradizione della lingua locale, affinché le radici non si perdano. «È l'arsura dell'eccesso, la veemenza della carestia - scrive Isabella Bignozzi nella prefazione - che il poeta espone in questo lavoro crudo e proteiforme, nudo e barocco, la cui essenzialità si staglia via via durante la lettura come un rigore vertebrale sottilissimo: un'affranta, scabra serenata alla vita, una ballata d'arcaica magia. [...] Simbolo di una dolente totalità, che incede logorando la percezione, stremando l'intenzione; inducendo, nel buio perfetto della resa, un'oscura devozione all'inconoscibile».