Dopo aver dedicato una raccolta poetica a una lettera - la A -, Giovanni Petta chiama ora in causa nel titolo un fatidico numero, l'Undici. Naturalmente si tratta del numero che da sempre governa da protagonista la metrica della lingua del sì. Gli endecasillabi di Giovanni Petta si disciplinano per lo più in sonetti (articolati senza particolare attenzione alla rima, solo occasionalmente, e come per caso, attivata), ma altrove si presentano in strutture più libere, volentieri articolati per indipendenti quartine o terzine. Il poeta parte dal desiderio di rivolgere un omaggio a questa struttura così cruciale nel nostro 'pensare liricamente'. Il tema centrale, però, di questa nuova raccolta è, sotto traccia, l'esplorazione del disagio interiore, di quel «male di vivere» che «spesso» è stato già «incontrato» (le virgolette rimandano ovviamente al celebre incipit di Montale), ma che Giovanni Petta - che peraltro è particolarmente innamorato degli incipit - torna a esplorare nelle sue nuove declinazioni di inizio terzo millennio.