Il termine "palliativo" deriva da pallium, che nella Roma antica designava il telo di lana che si poggiava su una spalla e si drappeggiava intorno al corpo, per proteggerlo. Nella medicina moderna questo termine ha purtroppo assunto un significato vagamente negativo, di rimedio sostitutivo, inadatto a risolvere del tutto un problema di salute. Il marito di una paziente ci ha detto: "Non vogliamo cure palliative. Vogliamo medicina, non carità!". Si dimentica invece che con esso si designa tutto un complesso di cure, che sarebbe più appropriato definire "di supporto". Le cure palliative non sono rimedi inefficaci, al contrario. Studi clinici testimoniano la loro validità anche in termini di sopravvivenza e di miglioramento della qualità di vita. Nonostante molti medici siano convinti che le cure palliative aiutino molto, essi le prescrivono generalmente troppo tardi. Le cure palliative si prefiggono di mantenere la qualità della vita e il diritto alla vita del paziente sino alla morte, di alleviarne le sofferenze, nel rispetto dei suoi desideri e delle necessità fisiche, psicologiche, morali, sociali, esistenziali e culturali.