I versi della sezione "Poesie dopo Gaza" si aprono con il richiamo ad Adorno che ripropone un vecchio tema: si può ancora fare poesia dopo l'orrore? Sì, è la risposta, e "noi che amiamo la vita", riecheggiando Darwish, lo sappiamo. Il testo parte come uno spartito musicale. Con i suoi andamenti, i suoi vuoti e i suoi pieni, i suoi leit motiv: "pagine senza gambe/parole senza ritorno". La metrica si spande sulla pagina dissonante e quasi riproduce musicalmente le macerie. Che rimandano alle nostre macerie spirituali, quelle della Fortezza Europa! Poi la suite assume una forma più propriamente lirica, ma da poesia civile e compaiono diverse figure con cui l'autore intesse un doloroso dialogo che tiene vivo l'orrore e la resistenza all'orrore. Giuseppe Conte