La quotidianità abitativa delle nostre periferie è contrassegnata dalla presenza di nanetti, fate, mostri, rapaci e figure geometriche che ci segnalano come l'uomo contemporaneo sia ancora immerso in una sorta di primitiva infanzia simbolica. Ed è appunto in questa periferia dell'abitare, fatta di casette e capannoni identici da Trieste a Palermo, che l'autore ci conduce per riscoprire nei giardinetti, sulle ringhiere o sui portoni, quei manufatti spesso liquidati come fenomeni di barbarie architettonica, ma che a ben guardare sono piuttosto l'indizio di un patrimonio archetipico collettivo tramandato nel tempo. C'è un intero universo celato dietro le apparenze più insignificanti, ed ecco che la banale casetta di periferia diventa una miniera di senso che ci parla dei sogni di chi la abita, dei suoi desideri consci e soprattutto inconsci.