Possiamo ancora ritrovare nell'abitare quotidiano i segni di un universo simbolico? È ancora pensabile un linguaggio che riecheggi un universo simbolico? Avendo in mente queste domande, e in compagnia di nanetti, fate, mostri e castelli, il lettore viene condotto alla riscoperta della periferia dell'abitare, di quella periferia fatta di casupole e capannoni identici da Trieste a Palermo. Nella convinzione che questi manufatti rappresentino l'imperituro bisogno di significato e la stretta connessione con le strutture dell'inconscio collettivo, il libro cerca conferma, dalle osservazioni realizzate sul campo, dei bisogni che essi esprimono. "Pisolo" diventa così metafora del sonno della coscienza, di chi fa uso di questi manufatti senza averne consapevolezza simbolica. Ma distilla anche un bisogno: il bisogno dell'individuo di esorcizzare la parte più oscura della propria esistenza. La seconda parte del saggio esplora un'ipotesi di linguaggio che, attraverso la riscoperta della fisiognomica, riesca a ricomporre la frattura con quel mondo comunemente definito "altro". Una navigazione ai margini della realtà in costante contatto con la dimensione di quell'immaginario che tende costantemente a emergere là dove si creano spazi di libertà, spazi non condizionati da convenzioni sociali che lascino intravedere le enormi potenzialità immaginifiche dell'uomo "più qualunque".