«Ma bisogna coltivare il nostro giardino». La disarmante affermazione di Candido è suonata nei secoli invito alla ricerca di una formazione pronta a guardare alla concretezza del mondo e delle sue forme, al di là di ogni possibile lettura orientata. Luogo mentale da coltivare e da frequentare come terreno fertile per la conoscenza e la coscienza critica di sé e degli altri, dall'Ottocento il giardino diventa ambiente ideale e al contempo correlativo oggettivo dell'educazione, e di quella linguistica in particolare, nella misura in cui manifesta nel concreto e rappresenta la possibilità di creare relazioni tra le cose, espressione di concetti, e le parole. Nel corso del Novecento quel modello evolve gradualmente nell'ideale dell'ecosistema linguistico, spazio educativo integrato e paradigma di apprendimento consapevole della lingua. Questo libro porta l'attenzione su tre voci femminili, quelle di Virginia Staurenghi, Gemma Harasim e Maria Montessori, che, a cavallo dei due secoli, invitano a ripensare la didattica della lingua, declinando con altra sensibilità e in prospettiva diversa l'idea di scuola-giardino.