Haiku, tanka, waka... 17 o 32 sillabe? In fondo non è così importante. O, almeno, non più importante dello spirito che permea queste micropoesie, ciascuna delle quali può contenere un universo di sentimenti e suggestioni: l'infinito che si sprigiona dall'infinitesimale. Mai si scopre quanto il silenzio ci parli se non ci predisponiamo all'ascolto interiore. Anche il vuoto, allora, diventa essenza. Dalla rana nello stagno di Basho (Giappone, XVII secolo) alla contemporaneità è sempre tempo di haiku: la poetica dello hic et nunc libera quella meraviglia e quello stupore che da sempre abitano ogni essere umano.