"È il tempo l'attore primo dello spartito di questi canti. Il tempo, che, con tutto il suo simbolismo metaforico, contamina le emotività della vicenda umana. C'è il volare delle rondini, il loro nido zeppo di significanti, c'è dunque la primavera, fresca, che tanto sa di giovinezza; e c'è l'inverno, il momento del riposo, della meditazione, dopo la fine di una stagione che ha visto le lacrime rubino delle fronde. Ed è con questa meditazione che l'Autrice si fa cosciente della fugacità dell'ora, della precarietà del nostro casuale soggiorno, dell'accumularsi di tramonti che segnano il volto 'd'altra stanchezza greve'. E il tutto in una versificazione snella, densa, affabulante; in una versificazione che segue, con urgenti accostamenti, le espansioni rievocative riaffiorate alla luce dopo lunga decantazione. C'è in queste pièces l'inquietudine di un essere che azzarda voli oltre le possibilità del nostro essere umani".