Il dialetto, lingua delle origini della vita, capace di restituire parola e vita quando queste sono state strappate via da una inesorabile malattia, farsi canto in grado di aprire finestre nelle mura ostinate della incomunicabilità, ridare sorriso e senso nuovo al vivere. È a partire da questa scoperta che l'autrice torna alla lingua della sua infanzia dopo molti anni di abbandono a causa del trasferimento da bambina in altra regione, si appassiona ad essa e con essa sperimenta un nuovo modo di comunicare con la madre prigioniera del silenzio e del vuoto. Comincia a scrivere e sussurrarle versi, vedendo, di tanto in tanto, affacciarsi sulla sua bocca una sillaba o un suo accenno, ma sempre uno sguardo che ha vinto l'indifferenza, l'assenza.