"Fuori, la pioggia è un alfabeto morse; tra linea e punto tutto il nostro immaginare". Che poi tutti si cerca le cose semplici. O perché la loro elementarità, ci immette immediatamente in un pensiero o un'immagine condivisibile, e quindi la semplicità nel descriverla, ci fa sentire protetti dalle infiltrazioni dell'attuale inverosimiglianza, oppure perché la musicalità genuina, indice di leggerezza, ci trasmette un canto, un verso di cui non si intuiscono le intenzioni, ma che ci preserva da una impertinente e fuorviante domanda sul senso, sulla volontà di chi lo emette. Credere sulla parola. In tal caso, non è una forzatura fuori tempo, bensì un naturale abbandono a ciò che agevola l'accettazione del quotidiano rocambolesco e imprevedibile non senso dell'esistenza. Qualcosa, infine, può partire da una altrui appropriazione e trasformarsi in un indefinibile oggetto, che, in qualche modo, se attentamente ascoltato, ci riguarda.