«[...] Io intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni da una onesta brigata di sette donne e di tre giovani nel pistilenzioso tempo della passata mortalitá fatta, ed alcune canzonette dalle predette donne cantate al lor diletto. Nelle quali novelle, piacevoli ed aspri casi d'amore ed altri fortunosi avvenimenti si vedranno cosí ne' moderni tempi avvenuti come negli antichi [...]». «Come il Petrarca con le sue rime segnò il destino della nuova lirica europea, così il Boccaccio, raccogliendo e decantando le esperienze vigorose ma selvose del romanzo e del racconto medievali, fissò genialmente il tipo della nuova narrativa europea nel suo Decameron. Questa raccolta di cento novelle diversissime, narrate in dieci giornate da sette fanciulle e tre giovani, ritiratisi in villa per sfuggire alla peste fiorentina del 1348, è caratterizzata dal diverso nell'unitario e dall'unitario nel diverso: è caratterizzata cioè da quel ritmo fantastico e stilistico che segnerà inconfondibilmente - in contrasto coll'epopea classica, cioè colla narrativa antica - la narrativa moderna, da Chaucer a Cervantes (che Tirso de Molina chiamava «nuestro español Boccaccio»), da Manzoni e da Balzac e da Melville a Dickens e a Zola e a Tolstoi giù giù fino a Lawrence, a Musil, a Faulkner, a Pasternak». (Vittore Branca)