"Le stanze componenti Tutta la terra che ci resta non hanno nulla a che fare con vecchi depositi, testimonianza di certezze preliminari riconosciute sconvenienti, troppo o troppo poco rivolte al naufragio esistenziale: per tutto il Novecento abbiamo assistito ai massacri corporali mentre la cognizione del tempo e dello spazio diventava una schiuma inaccessibile. Abbiamo rivolto lo sguardo, pertanto, all'attuarsi dell'ibridazione digitale con le sinapsi cerebrali, dando il via alla più rassegnata possibilità che mente umana abbia mai conosciuto. Comunque sia, alcuni poeti e poetesse ammettono la smisurata testardaggine della poesia a saggiare quanto la lingua ancora può. Umano è il personale ricominciare daccapo, con modi e sistemi ritenuti "glaciali" nel confronto con esperienze novecentesche ampiamente storicizzate. Sembra inverosimile? O proprio in questo libro iniziamo ad avvertire una posizione poetica basata su parole già conosciute ma distese ora in una culla pronta ad accogliere? Poesia cruda, figlia di una tempra capace di attraversare l'atmosfera schiumosa che noi stessi abbiamo generato, qualcosa che riconosciamo inevitabile pur attraversando i deludenti tsunami editoriali in voga. Ecco, si dovrebbe reagire alla perdita sensoriale per acchiappare al volo chi, ancora accordato al corpo, contrasta la profusione di cose e aggiunge parole diverse a quante ancora attendono d'essere usate." Dalla Prefazione di Elio Grasso.