«La voce di Solange non ha accenti. Questo testo non ha aggettivi. Riporta un seguito di fatti, agiti da - o capitati a - una serie pittoresca e infinita di fratelli, sorelle, mariti, amanti, avi, cugini, figlioli, asiatici... Tanti fatti, ciascuno per sé eloquente. Chi se li trova davanti ne fa quello che vuole, Solange non perde tempo a incartarli nella psicologia o in qualche altra scienza umana.Il suo compito è più limitato, più alto. Lei non sta raccontando uno spicchio di storia del XX secolo; sta semplicemente testimoniando l'inanellarsi a lei noto di alcune generazioni - toledot - di una famiglia ebraica» (dalla Prefazione di Silvia Giacomoni). «Blanche, come la figlia Eliane, conosce i volti, la voce e le speranze di chi è stato cancellato dalla Shoà, là a Varsavia. Solange no. Blanche e Solange, entrambe sopravvissute e resilienti, entrambe sopravvissute per essere definitivamente ebree, non nel segno di una appartenenza religiosa o di una tradizione che lega e vincola, ma per essere loro le matriarche traghettatrici che sanno indicare ai figli e ai nipoti (e, assieme a loro anche a noi) verso quale sponda ognuno debba andare. In piena libertà» (dalla Postfazione di Gianpaolo Anderlini). Prefazione di Barbara Aiello e Silvia Giacomoni. Postfazione di Gianpaolo Anderlini.