Scrive Sigmund Freud in Autobiografia: "Mi resi conto con sempre maggiore chiarezza che gli eventi della storia, gli influssi reciproci fra natura umana, sviluppo civile e quei sedimenti di avvenimenti preistorici di cui la religione è il massimo rappresentante, altro non sono che il riflesso dei conflitti dinamici fra Io, Es e Super-io, studiati dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi su uno scenario più ampio". Ecco il punto di partenza di Jonathan Sklar per affrontare un tema, quello del dialogo fra mondo interno e mondo esterno, spesso guardato con sospetto dagli psicoanalisti, che pure avrebbero tutti gli strumenti a disposizione per far sentire la propria voce con autorevolezza: la cognizione dei meccanismi mentali che incontrano in seduta, in particolare quelli relativi a crudeltà, sadomasochismo e perversione, si può applicare anche alle atmosfere che erompono incontrollabili nella società, infettandola e causando profonde rotture e divisioni, con la contrapposizione fra 'noi' e 'loro'. L'analisi dell'autore parte da alcuni eventi tristemente noti della storia contemporanea e procede alla ricerca delle 'tracce mnestiche collettive', la capacità dei ricordi inconsci di tornare dal passato: frammenti che a volte sembrano erompere dal nulla, sia nel singolo individuo sia nella dimensione comunitaria, influenzando comportamenti e scelte politiche. Mentre osserviamo il ritorno di dinamiche politiche che non disdegnano prassi e atteggiamenti autoritari, Sklar propone un'analisi dei linguaggi del nostro tempo, dell'importanza del lutto, dell'ascolto delle differenze e della conoscenza per contrastare i sistemi di controllo, inganno e violenza propugnati dai regimi totalitari. Si dedica poi a un'interpretazione psicosomatica delle brutalità subite dalla popolazione yazida per mano dell'ISIS, e al rapporto fra la crudeltà dell'ambiente infantile e l'odio dell'altro nella società. Se oggi la tendenza di tutti noi fruitori distratti della cascata di informazioni è quella di restare in superficie per non avere la sensazione di affogare, "Tempi oscuri" vuole essere una porta di accesso all'inconscio collettivo, attraverso cui trovare, o ritrovare, la libertà di pensare e creare nuove prospettive, con la consapevolezza che solo un lavoro profondo sul lutto, tanto personale quanto collettivo, può evitare il ritorno del rimosso.