Il termine latino "usura" indica il prestito a interesse, cioè il pagamento da parte del debitore per l'uso di una certa somma di denaro che il creditore gli concede temporaneamente. Nell'omelia intitolata "De Tobia", Ambrogio prende spunto da questo personaggio biblico per condannare nella maniera più assoluta il prestito a interesse, vietato dall'Antico e dal Nuovo Testamento. La questione della liceità del prestito a interesse fu dibattuta per secoli, durante i quali l'opera di Ambrogio fu lungamente commentata e discussa. Nella seconda parte dell'omelia si apre una polemica antigiudaica: secondo il metodo allegorico, il "prestito", che anche i poveri possono concedere, non è più costituito dal denaro, ma si intende riferito alla parola di Dio, che gli apostoli hanno elargito anche ai pagani, divenuti così cristiani. Essi soltanto hanno dunque il diritto di "prestare" la parola divina, e non più gli ebrei, che non hanno saputo comprenderla, e non hanno riconosciuto in Gesù il Messia.