Nella seconda metà del XIX secolo il fenomeno letterario-filosofico del pessimismo, che si ispirava prevalentemente alla metafisica di Arthur Schopenhauer e alla filosofia dell'"inconscio" di Eduard von Hartmann, raggiunse nella società tedesca dimensioni inaspettate. Da semplice argomento filosofico, il pessimismo divenne presto un fenomeno di moda e tema condiviso e dibattuto nei salotti intellettuali, tra le classi meno abbienti, nei circoli accademici: tutti letteralmente sedotti o contagiati da questa specie di "pandemia". All'intenso dibattito sul tema, tra "apologisti" e critici, prese attivamente parte anche Georg Simmel. In questo volume sono raccolti tre saggi redatti nel decennio compreso tra il 1887 e 1897: con la profondità del filosofo e l'acutezza del sociologo, Simmel, per restare in una metafora immunologica, propone un personalissimo "antidoto" contro quelle teorie pessimistiche, che dicevano di fondarsi oggettivamente e "statisticamente" sulla base di un presunto "bilancio eudemonologico" negativo tra dolori e piaceri provati in vita (Hartmann).