I rapporti di August Strindberg con la magia e l'occultismo, oltre a essere legati a profonde crisi esistenziali, si svilupparono anche in concomitanza della diffusione delle dottrine swedenborghiane alle quale aderì con entusiasmo. Le connessioni a esse relative con misticismo e razionalità, che stavano facendo proseliti tra i suoi contemporanei, contribuirono alla fertile atmosfera di pluriculturalismo che a Parigi, dove Strindberg visse proprio in quegli anni, aveva all'epoca il suo centro. Durante questo esilio continentale, per quattro anni Strindberg non si cimentò con opere letterarie. Si impegnò, invece, nello studio della chimica e dell'alchimia, ponendosi obiettivi come la fabbricazione dell'oro, e nell'apprendimento della nuova tecnica della fotografia da lui intesa come strumento di penetrazione dell'occulto, rapportandosi alla macchina fotografica come a un oggetto magico.