Il Þorsteins þáttr bæjarmagn è una "saga del tempo antico" tràdita in numerosi manoscritti databili tra il XIV e il XVI secolo. Þorsteinn, membro del séguito del re norvegese Óláfr Tryggvason, è soprannominato il "colosso della masseria" per la sua imponente stazza, ma una volta giunto nelle contrade dell'estremo Nord, abitate da esseri di statura gigantesca, toccherà a lui subire un'esperienza di alterità e vedrà il suo epiteto cangiare in "bambino della masseria". Ciò nonostante, Þorsteinn, che ha ricevuto in dono da un nano un prodigioso mantello d'invisibilità, si rivelerà un preziosissimo aiutante per il sovrano Guðmund, vessato dalle pretese del re Geirröðr di Jötunheimr, nel corso di un rocambolesco banchetto di giganti, intriso di tranelli e di giochi mortali, culminante in una sfida di bevute con un corno antropocefalo e oracolante chiamato Grímr "il buono". Sullo sfondo di avventure meravigliose, al limite tra paganesimo e cristianità, realtà e magia, si staglia un mondo boreale che allude a contatti e influenze reciproche tra i miti dei germani settentrionali e le tradizioni dei sámi (e non solo).