«Fin dal Medioevo i sottili e lucenti "vasi rossi" che affioravano dal terreno con frequenza e in quantità ad Arezzo e dintorni avevano suscitato curiosità e ammirazione:2 vasi dal rivestimento di colore corallino, spesso decorati a rilievo con motivi vegetali e scene figurate, di cui anche l'illustre aretino Giorgio Vasari aveva ricordato i «leggiadrissimi intagli»3 e narrato l'episodio del dono al granduca Lorenzo il Magnifico di quattro esemplari rinvenuti integri da parte di suo nonno.' Nel 1841 l'aretino Marco Antonio Fabroni, geologo di formazione ma anche studioso di antichità locali e direttore del Museo cittadino, pubblicò la Storia degli antichi vasi fittili aretini, che può essere considerata la prima monografia su questa significativa classe di ceramica da mensa, oggi nota nell'ambito degli studi archeologici come terra sigillata e di cui l'antica Arretium fu importante centro produttivo.5 L'intento dell'opera è chiaramente esplicitato dall'autore nell'introduzione: fornire un quadro di sintesi di quanto scritto fino ad allora su questi vasi, corredandolo di un numero di disegni sufficiente a farsi un'idea chiara di come fossero realizzati (tavv. I-IX), e porre inoltre in relazione le notizie desunte dai vari autori con gli esiti dei rinvenimenti che si erano verificati in quegli stessi anni e di cui Fabroni fu testimone. È proprio questo approccio analitico e pragmatico a rendere ancora oggi la Storia degli antichi vasi fittili aretini una lettura interessante. [...]» (Dalla prefazione di Sara Faralli).