L'autore affronta in modo originale i temi dell'etica del tradurre e della moltiplicazione del testo con questo nuovo volume in cui si mette in luce quanto di sorprendente può venire dalle metamorfosi letterarie. Si va dal confronto degli stili delle versioni in italiano moderno del Decameron, alle traduzioni delle parodie di Alice, agli adattamenti di Pinocchio fra Hollywood e Nairobi, all'Ubu Re di Jarry di cui si segue l'itinerario teatrale delle Albe tra Ravenna, Dakar, Chicago e Scampia. In questo percorso eccentrico può capitare anche di incontrare Leopardi, filologo e poeta, che agli inizi della sua carriera amava nascondersi dietro insospettabili maschere letterarie. Alla fine si deve prendere atto che tradurre è anche un esercizio di felicità. Il traduttore infatti non è uno dei tanti specchi che restituiscono un testo, ma è uno dei tanti specchi che lo costituiscono: dicendo ogni volta qualcosa di più e qualcosa di meno su di esso, dice ogni volta qualcosa di nuovo. I traduttori come specchi che parlano a una cultura diversa, ma anche a volte alla cultura in cui quel testo irrequieto, che vuole ancora farsi ascoltare, è nato; specchi che comunicano anche fra di loro, come vasi comunicanti, compiendo, ancora una volta, il singolare miracolo del ritrovamento della parola poetica.