“Sono abbastanza vecchio da aver capito che non ci sono problemi risolvibili. Se no non si spiegherebbe com’è che non ho mai risolto un solo problema in vita mia. Né mi pare di aver conosciuto nessuno che abbia risolto i suoi. I problemi si trascinano, tutto qua, e prima lo capisci meglio è”.
Non serve la terapia a Vincenzo, che è ostile e diffidente verso il suo terapeuta, soprannominato Mr Wolf. Il riferimento è a Harvey Keitel in Pulp Fiction, “Risolvo problemi”. Ma i problemi non si risolvono, tanto meno per uno come Vincenzo che non sa difendersi dalle proprie emozioni.
Lui ne rimane travolto, e va avanti come può, disertando gli altri e frequentando solo i propri pensieri.
Travolto dalla sua sensibilità, costantemente trascinato all’indietro dalla corrente dei ricordi, Vincenzo vive il dolore di un amore finito. Persino le canzoni scatenano emozioni che lo aggrediscono in branco, un esercito di stati d’animo che lo investe lasciandolo tramortito, consapevole che una parte della sua vita è rimasta attaccata altrove.
“Lei ha uno scompenso tra la sfera razionale e quella emotiva. La prima la governa, ma ha un controllo insufficiente sulla seconda. Non decodifica le sue emozioni, non le sente arrivare, non le anticipa. Semplicemente le subisce”.
Non accettando il dialogo faticoso con il suo analista che lo provoca in continuazione per tirargli fuori quello che nasconde, Vincenzo si annulla nell’iperattività delle sue bugie che creano una coltre dietro cui proteggersi dalla realtà.
Si arrovella, si lancia in monologhi interiori che riempiono le pagine di questo libro inconsueto, un flusso di pensieri senza continuità, onde che si infrangono in pagine di un diario intimo che testimonia una solitudine irrequieta.
Ci sono gli x-files, cioè questioni irrisolte, domande senza risposte. Perché esistono ancora le buste per lettera formato 12x18, quelle che devi leccare col rischio di tagliarti la lingua? Perché dopo aver organizzato un viaggio nei minimi dettagli, aspettandolo per settimane, viene meno la voglia di partire proprio alla vigilia, annientando ogni entusiasmo e curiosità? Perché esistono persone che si accontentano, e si fanno bastare la vita che hanno?
Ci sono saggi instant, come quelli gustosissimi sui trasferiti, che vivono con la nostalgia del proprio paese. Ci sono lunghe analisi di canzoni che hanno rappresentato un manifesto culturale, come quelle cantate da Raffaella Carrà, avanguardistica icona pop con le sue Rumore e Chissà se va. “E chi se ne frega se poi non va”. Peppino di Capri con Piano piano, dolce dolce gli rimedia anche l’incontro con una bellezza alla Emmanuelle Béart in aeroporto.
Divaga, Vincenzo, “militante del pensiero critico”, divaga sapendo di divagare, vivendo più nella sua mente che nella realtà, perché la verità è che non ha nessuno a cui raccontare le cose che gli capitano: e allora riempie pagine di pensieri, si fa travolgere dalla memoria, si impegna in un’analisi fai da te, invitando i ricordi, annientandosi in essi, per poi affermare la propria disfatta.
“Mi sa che non ce la faccio da solo”.
Sono contrario alle emozioni non è un romanzo, né un memoir, è il frutto di un rimuginare di una mente brillante ma depressa, acuta osservatrice ma incline alla malinconia, che scaturisce da una fotografia di donna ma anche dal ricordo di una merendina: sono digressioni, frammenti e riflessioni che fanno sorridere, a tratti fanno male, ma non lasciano insensibili, perché in quelle pagine e in quelle paranoie un po’ ci riconosciamo tutti.
Recensione di Francesca Cingoli