"Non si sa che cosa ammirare per primo in questi versi che vengono da un vicino passato e, finalmente, raggiungono con immutata freschezza il lettore di oggi (il Quando & come del ritardo lo spiega l'autore stesso in apertura). Si potrebbero innanzitutto invocare nobili ascendenze: Eliot, espressamente citato, ma anche, nell'uso ironico e a tratti accorato dell'apostrofe, il Montale delle Occasioni, sfiorando certe cadenze di Aldo Borlenghi. Si potrebbe, e non sarebbe del tutto sbagliato. Ma a un esame più attento e lasciandoli poi, come si deve, decantare nella memoria, ci si accorge che la malia di cui questi versi sono portatori risiede in gran parte nell'uso parco (Cavalleri è un letterato accorto e dunque ritroso) degli "strumenti umani". Ma non è solo il garbo, ormai raro, di chi maneggia sicuro l'arte della versificazione, bensì la visionaria contenutezza delle immagini che non disdegna di scendere nel capriccio linguistico del Limerick. Per finire al passo d'addio struggente ed enigmatico: "Se me ne sono andato, me ne vado/è perché non ho smesso/neppure per un momento di amarti" in cui sono racchiusi gli umori acri, ironici e melanconici di una poetica consapevole del dono e meno offuscata da oscuri tormenti." (Bruno Nacci)