Brillanti e beffarde, colte e irriverenti, queste short stories in presa diretta raccontano di Belgrado e della Serbia in una travagliata fase di transizione della loro storia, andando a comporre una sorta di romanzo in frantumi di una comunità lacerata, che vive in bilico tra un "passato che non è mai passato" e dal quale si ereditano conflitti, tragedie e derive nazionalistiche, e un futuro appeso all'incertezza e allo scetticismo, ancora legato all'ombra di una colpa collettiva. Con una scrittura nutrita da uno sguardo disilluso e amaramente ironico, in "Serbia hardcore" Velickovic denuncia da un lato un regime che soffoca critica e dissenso, dall'altro un Occidente che mentre si proclama libero e democratico getta bombe "intelligenti" nel cortile di casa dei suoi vicini.