Questa è la storia della figlia di un padrino e della sua ribellione soffocata. Lo hanno svelato i pentiti: Lia Pipitone venne uccisa per ordine della mafia, con il consenso del padre, uno dei boss più fedeli a Totò Riina e Bernardo Provenzano. La accusavano di avere intrattenuto una relazione extraconiugale. Ma dopo un processo il padre è stato scagionato e il giallo è rimasto irrisolto. L'indagine di un figlio e di un giornalista ha riaperto il caso della giovane assassinata a Palermo il 23 settembre 1983 durante una finta rapina. Il giorno dopo l'omicidio il più caro amico di Lia si suicidò: così recita la versione ufficiale dei fatti, che continua a essere carica di misteri e messinscene architettate dai boss. Perché il gotha di Cosa nostra arrivò a tanto? Di che cosa aveva paura? Alessio Cordaro, il figlio di Lia, nel 1983 aveva quattro anni. Questo libro è il suo diario, alla ricerca della verità sulla morte della madre. È anche un'indagine giornalistica vecchio stile di Salvo Palazzolo: il clan dell'Acquasanta, a cui apparteneva Antonino Pipitone, il padre della ragazza uccisa, ha segnato l'ascesa, gli affari e i delitti eccellenti della Cosa nostra «corleonese». Questo libro ha portato alla condanna di due capimafia che ordinarono l'omicidio della giovane. Ma la battaglia per Lia non è ancora finita.