Se la storia e la teoria della letteratura diventano sempre più nemiche dell'arte del romanzo, solo i romanzieri possono dire qualcosa di interessante sulla loro arte. Da questa realtà trae spunto l'idea di raccogliere nove saggi letterari scritti a diverse latitudini. La storia del romanzo è sovranazionale e così dovrebbe esserlo la critica letteraria. Dalla Francia di Taillandier e Scarpetta alla Spagna di Goytisolo, dall'America Latina di Fuentes all'Italia di Affinati e Moresco, dalla Grecia di Proguidis al mondo anglossassone di James Wood e al Canada anglofrancofono di Francois Ricard, i diversi saggi riflettono ciascuno su un'opera di un grande romanziere del xx secolo, da Kafka a Musil, da Hemingway a Svevo, da Faulkner a Kundera. Baudelaire, all'inizio della nostra modernità, ha affermato che "quanto più la critica è personale tanto più è universale". C'è da aggiungere altro? Forse questo: la sopravvivenza delle opere d'arte dipende dalla nostra capacità di non spezzare il legame famigliare, perfino organico, che ci lega a loro. Se rinunciamo a pensare in modo libero il senso, la qualità e la novità formale delle opere, di quelle presenti come di quelle passate, esse precipiteranno ben presto al rango di décor, di ornamento, destinato a documentare un'epoca storica, ma non a rivelarla.