Magdalina è ricoverata presso la clinica psichiatrica di Stren, a un centinaio di chilometri da Riga, con una diagnosi di psicosi maniaco-depressiva e una nuova vita in grembo. Siamo alla fine degli anni Trenta del Novecento e in Lettonia c'è la dittatura di Karlis Ulmanis. Con il "Condottiero" al comando, fioriscono il culto del popolo sano e forte e la volontà di cancellare tutto ciò che è considerato devianza o malattia: come nel resto d'Europa, anche qui il concetto di eugenetica sollecita l'uso della sterilizzazione. Magdalina, già vittima di violenza, è costretta dunque a ripararsi in campagna, dove Karlis, suo medico e amato, la affida a Ilze e Mirtiis. Nella loro casa, pur attraversando forti momenti di crisi, la giovane proverà ad affrontare un profondo senso di colpa e il rifiuto di genitori incapaci di accettarne i tormenti. Le voci dei personaggi si alternano nella costruzione del romanzo e delle loro storie per un ritratto estremamente critico della dittatura di Ulmanis, a lungo raccontata quale epoca d'oro della Lettonia. Come ricorda la stessa autrice nella postfazione, quasi tutti i pazienti dell'ospedale psichiatrico di Stren furono uccisi dai nazisti nel 1942.