Un giorno tre ragazzi di vent'anni laureati in materie piuttosto insignificanti, senza alcuna motivazione specifica, decidono di scavare, di andare sottoterra. Man mano che il tunnel si espande i tre scoprono il piacere del contatto con la terra, i suoi odori, l'avvolgente umidità. È un mondo protetto, dove non c'è molto da fare, se non scavare di giorno e raggomitolarsi stretti l'uno all'altro di notte, un luogo accogliente dove dimenticare cosa accade lì fuori. "Scavare fino al centro della terra" è una raccolta di racconti in cui si aprono situazioni surreali, dove la realtà d'improvviso si impenna e i protagonisti di storie apparentemente canoniche sono esseri umani che ci parlano da uno specchio deformato: c'è chi lavora in una fabbrica di rumori per bambole, chi per un'agenzia che commissiona ruoli da nonni, nel caso in cui le famiglie che ne sono prive vogliano servirsene per i propri figli. Ridiamo di fronte a dialoghi esilaranti, pieni di un lieve sarcasmo, mai insistito. E poi ci commuoviamo per quel modo che ha Kevin Wilson di tratteggiare le emozioni quando si manifestano per la prima volta, come il turbamento per una passione che nasce.