Nell'estate del 1671 Niccolò Stenone lascia Firenze diretto ai monti. Non è una vacanza la sua, ma una liberazione. L'aria fiorentina è divenuta irrespirabile: la corte è guidata da un sovrano che ha dilapidato immense risorse e caricato il popolo di continue tasse per mantenere ricchi i monasteri. La moglie del Granduca vive lontana dal marito. All'università di Pisa la qualità dell'insegnamento raschia il fondo del pentolone e il principe Leopoldo, fratello di Cosimo III, divenuto cardinale ha cessato d'interessarsi all'Accademia del Cimento, chiudendone i battenti. Per Stenone i fasti del periodo parigino, con l'apoteosi della Conferenza sul cervello, sono ormai lontani. È quindi una boccata d'aria fresca la proposta, sollecitata dal conte Magalotti, d'inviare Stenone sui monti prealpini al fine di «determinare finalmente la tanto famosa e per tanti secoli agitata disputa intorno all'antiperistasi», un'idea che risale ad Aristotele, dimostrando che il "termometro fiorentino" ideato dagli accademici è cosa buona e utile.