La felicità, un'essenza sfuggente, ma bramata da tutti. Talvolta, tra le mani, sembra materializzarsi, per poi sgretolarsi come sabbia tra le dita. Ciò che resta è il rimpianto per non essere riuscito a trattenerla. È da questo precipizio di sensazioni che il romanzo di Marco Costantini prende forma: dalla cruda lacerazione di una perdita, all'incarnazione di un nuovo amore. Le prime pagine accolgono un'ombra di angoscia, la sparizione di un'anima speciale. E poi, con un lieto ritorno, il protagonista maschile riporta il bambino alla luce. Ed è lì, nel loro congiungersi che si palesa la madre del piccolo. Un incontro che fiorisce in un'amicizia e, col passare del tempo, in qualcosa di più profondo. La ricomposizione della felicità non si presenta come un'ardua sfida, richiede solo di scrutare il mondo con sguardo ritrovato, di abbracciarlo senza riserve. Così si scoprono quei fiori, nel giardino che riflette l'anima, resistendo alla penombra dei giorni. La leggenda del Lago torna di nuovo a vivere e oggi, quei fiori custoditi dal nome di Pina, rispondono ai nomi di Leonardo e Giampaolo, perché vita e morte sono segni di speranza. Che i fiori possano far vivere nei cuori.