Costruita su forme diverse e con suggestioni da molteplici tradizioni poetiche, la nuova raccolta di Gabriele Frasca fa convivere passato, presente e (sotto forma di sperimentazione) futuro. Incastonato fra una sezione iniziale ispirata ai sonetti barocchi di Quevedo e a una finale di traduzioni-riscritture da Dylan Thomas, il lungo poemetto che dà il titolo al libro è un testo tendenzialmente narrativo in cui versi e prosa giocano a rimpiattino nascondendosi gli uni nell'altra, in un flusso verbale apparentemente continuo, mozzafiato. La vita e la morte di un personaggio concentrate in una giornata di attraversamenti della realtà, forse solo immaginati in un dormiveglia. La difficoltà di aderire a un'idea di soggetto, la stratificazione dei tempi (e delle ere) nel gioco di proiezioni dell'ipotetico sé, il continuo tentativo di incespicare nel flusso sonoro, sempre frustrato, se non alla fine, dal trionfo del ritmico, pervasivo respiro. Un passo ulteriore nella poesia post-lirica di Frasca, che è poesia a un tempo severa e pirotecnica, ardua meditazione e onda sonora trascinante. territorio poetico originale.