Argentina, anni '80. Tre adolescenti vengono uccise, ma i loro assassini non vengono mai identificati o puniti. Selva Almada si mette alla ricerca della verità e denuncia una realtà inquietante: il femminicidio è un problema sociale sistemico, che ha radici profonde nella cultura e nella politica. Attraverso le storie di María Luisa Quevedo, Sarita Mundín e Andrea Danne, Selva Almada si immerge nel problema della violenza di genere con un romanzo testimoniale - nello stile di A sangue freddo di Truman Capote o Hiroshima di John Hersey -, per dare attenzione alla catastrofe attuale che sono i femminicidi. Lontano dalla cronaca poliziesca, questa è una storia intima, una sorta di negativo dell'autobiografia di una giovane donna che guarda altre donne giovani, in una società in cui la misoginia e la violenza sono ancora una questione quotidiana. Almada costruisce una cronaca di potenza inaudita, gettando luce, catturando l'invisibile e illuminando una nuova strada nella narrativa giornalistica, in un viaggio allucinante nell'inferno del femminicidio.