Campagna rigogliosa ma deserta. Contadini rintanati nei capanni. Uomini pronti a puntare il fucile, donne che si guardano le spalle. Ma non sono gli zombie di The Walking Dead quelli da cui difendersi. ""Eccoli! Eccoli!", si gridava da una baracca all'altra alla vista d'un branco di cani, ululanti, affamati, col pelo imbrattato di fango, avviati giorno e notte a una corsa senza tregua, con la follia dei perseguitati negli occhi". Il racconto sembra appena uscito dalla matita di un disegnatore contemporaneo e invece è frutto della penna di Vicente Blasco Ibáñez, nato a Valencia nel 1867, ribelle, uomo politico e di lettere venuto dal nulla, che ha conosciuto tutti gli spifferi della miseria, soffocato dal peso di una società chiusa in se stessa e nel proprio passato. E sa fare anche di meglio Ibáñez, quando trasforma la cucina di un palazzotto signorile nella scena del più efferato dei crimini. Estimatore di Gabriele D'Annunzio, il cospiratore del Quarnaro, e di Émile Zola, l'ostinato difensore di Alfred Dreyfus, Ibáñez condivide del primo i riferimenti a Friedrich Nietzsche, del secondo gli orientamenti veristi e popolari. Eppure il suo stile si distingue, è riconoscibilissimo, laddove la realtà supera ogni più rosea o agghiacciante fantasia.