Anna Maria Ortese ha coltivato costantemente la scrittura epistolare, governandola con la riflessione, in paziente ottemperanza ai principi dell'attesa e della distanza. In tale concentrazione, ha provato ad accogliere le voci dei suoi interlocutori, sempre in procinto di travalicarle per ritrovare la compiutezza dei propri pensieri, mai cessando di interrogarsi sulla funzione della scrittura. Sono questi i tratti più evidenti delle lettere indirizzate - tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta, nella Napoli dei Gruppi Universitari Fascisti (Guf) infiammati dalla propaganda e dalle gare dei Littoriali - a Michele Cammarosano, giovane intellettuale protagonista di un'amicizia così significativa da essere poi ripresa dalla scrittrice nell'orchestrazione finzionale de "Il porto di Toledo".