Noi donne ci siamo, per così dire, emancipate, abbiamo conquistato la libertà di scegliere, nel lavoro, nell'amore, nella vita. Ma a che prezzo? Siamo davvero più felici? E soprattutto, rendiamo più felici le persone che ci sono affidate? Non è che per caso femminismo, rivoluzione sessuale e battaglie per la parità hanno finito per lasciarci più sole e tristi? Per rispondere a queste domande, dobbiamo liberarci dagli schemi della rivendicazione e capire quale grande privilegio sia l'essere femmine, destinate dalla natura ad accogliere la vita, chinandoci su di lei, in qualsiasi forma si presenti alla nostra porta. E quale grande avventura possa essere per noi diventare spose e madri, accanto all'uomo con cui possiamo arrivare a diventare una carne sola. Non sto mica parlando della casalinga anni Cinquanta: le tante donne che ho avuto la fortuna di incontrare - donne realizzate spesso anche nel lavoro - hanno percorso strade difficili, perfino drammatiche, eppure ne sono emerse straordinariamente capaci di vita, capaci di speranza contro ogni ragione. Mi hanno insegnato che essere felici è possibile, ma richiede un lavoro; che si può pure andare dove ci porta il cuore, ma poi bisogna chiamare il cervello perché ci venga a riprendere, e ci porti in un luogo segreto, dove si mette in moto una vita più feconda e piena. Quello che ho imparato da queste amiche vorrei insegnarlo alle mie figlie, adesso che ancora mi ascoltano: poi - credo sia questione di minuti - saranno adolescenti e sarà troppo tardi.