Una scansione del verso che è sistole e diastole, sincopato rincorrersi di accenti - canto a due che si fonde in un disteso imeneo, si potesse ancora scrivere un inno così... Ma qui, quasi per incanto - e lei stessa sembra stupirsi di come sia possibile: "Oh, quest'io che precipita nel noi"... -, Lucilla Trapazzo dispone della sua materia poetica e sentimentale (sentimento di poesia e poesia che si fa senso) nel modo in cui ormai, sempre più matura nella sua consapevolezza di donna che scrive (di donna che si scrive), sa costruire ogni frammento di un discorso esistenziale.Perché qui, appunto, è l'esistenza nella sua totalità vissuta che diventa espressione lirica, si fa canto condiviso, è poesia. Mi dilungherò, ma questo libro suscita, e merita, un'ampia riflessione non soltanto sulla tematica d'amore in cui si circoscrive, ma sull'amore in senso lato, sull'idea - diremmo platonica - dell'amore. È un po' come Beatrice, "cosa venuta da cielo in terra..." - oggi ai miracoli, forse nemmeno agli angeli, chi ci crede più? ma il poeta sì, al poeta interessa l'amore in sé, non il soggetto da trasformare (e come tale cantare) in oggetto d'amore. (dalla prefazione di Giuseppe Napolitano)