Uno scandaglio gettato per sondare alcuni aspetti inediti dei rapporti fra la formazione scientifica di Primo Levi, in particolare quella di chimico, e la sua produzione letteraria e, in senso lato, filosofica. Un Levi in cui è possibile rintracciare forti elementi di una "filosofia dolorosa ma vera", che sfiora sia un hobbesiano realismo sulla natura dei rapporti umani sia un nichilismo di tipo cosmico, apparentabili entrambi a quelli di Giacomo Leopardi. Un confronto ravvicinato fra le idee di Levi e alcuni dei fondamenti più intrinseci della filosofia della chimica moderna, ma anche della biologia, della fisica cosmica e termodinamica, nonché con le posizioni di Italo Calvino, in questo caso anche in merito alla possibilità di una letteratura in grado di diminuire il divario fra le "due culture". Sullo sfondo l'ebraismo e l'esperienza concentrazionaria e il significato che la Shoah ha avuto per Levi e per la storia umana.