"Prime armi" fu un esperimento giornalistico dei "giovani ginnasti della cultura" come uno di loro stessi li definiva. Telemaco Dall'Ara, che scrive il manifesto del nuovo giornale letterario, usa tale metafora alludendo ai "giovani che intendano esercitarsi nella palestra della cultura": Meuccio Ruini, Francesco Cherubini, Augusto Jona ed altri compagni del Liceo e dell'Istituto Tecnico di Reggio. La loro cultura è classica: si apre a Foscolo, Leopardi, assorbe Manzoni, poi i loro riferimenti si dilatano, assorbono l'atmosfera letteraria attorno, dai versi barbari del poeta nazionale, Carducci, al decadentismo intimista di Pascoli, a quello elitario di D'Annunzio. Scapigliatura e Crepuscolo ne aprono e chiudono il percorso. Tra bohème ed integrazione, una bohème provinciale più immaginata che reale, ed una integrazione nelle sicure certezze delle professioni e dell'impiego, la forma della loro comunicazione è pulita e matura. La scomparsa precoce impedisce a Telemaco dall'Ara, Augusto Jona e Francesco Cherubini di realizzare il destino al quale si sono preparati. Meuccio Ruini e Giuseppe Lipparini escono da questa esperienza con la certezza del proprio avvenire di lavoro: Ruini indossa le solide vesti del "commesso" di Stato e Lipparini vedrà felicemente gli esiti di una brillante carriera di letterato.