Nella sua lotta appassionata contro la poesia vuota e accademica, nella sua resistenza contro gli eruditi di corte, Foscolo è stato il primo intellettuale a denunciare quella spaccatura fra teoria e pratica, fra pensiero e azione, che sarebbe diventato il tarlo non solo della letteratura, ma di tutta la società italiana. Le sue liriche, e i Sepolcri innanzitutto, si rifanno ai modelli più prestigiosi della tradizione classica, ritrovando l'autorità che la voce dei poeti aveva nelle comunità antiche: una voce potente, intrisa di passione e d'immaginazione, di umano dolore e umana pietà. Così, se le prime rime oscillano tra le occasioni mondane e le inquietudini giovanili, l'inno mai finito alle Grazie, posto al termine del suo percorso creativo, celebra i fondamenti eterni della politica e della morale. Versi impetuosi e cristallini, che il commento di Matteo Palumbo permette di scoprire attraverso una lettura capillare del testo e della tessitura poetica che lo governa.