La famosa citazione di Jean Dubuffet è celebre tra coloro che si interessano all'Art Brut. Questa sollecitazione che invita ad esplorare è molto chiara, e offre a chiunque l'accoglie gli indizi utili affinché si possa scoprire ciò che non si considera perché troppo vicino, e ciò che non si vede perché lontano dagli spazi espositivi più consueti. Questo è il caso delle fotografie di famiglie trovate nei mercati delle pulci e nei negozi di seconda mano dai collezionisti autori della presente pubblicazione. Antoine Gentil e Lucas Reitalov, dopo essersi incontrati nel 2017, hanno iniziato insieme una raccolta di fotografie di famiglia che oggi vanta diverse decine di migliaia di stampe e qualche centinaio di photomachinées tutte pubblicate in questo libro. Tale neologismo, inventato dai due collezionisti, indica forme che non sono né interamente fotografie né oggetti: sono piccoli feticci carichi di emozioni che non sono mai stati pensati per essere esposti. Grazie a una paziente ricerca i collezionisti hanno dato vita a una raccolta di ricordi altrimenti condannati all'oblio, che comprende semplici ritagli così come messe in scena più complesse dove le fotografie originali diventano parte di una narrazione articolata. Queste creazioni, realizzate a partire dalla fine del XIX secolo, sono via via scomparse contemporaneamente al cadere in disuso della stampa delle fotografie su carta e al subentrare coevo della tecnologia digitale. L'osservazione attenta di queste photomachinées ha fatto sì che si evidenziassero delle somiglianze indipendenti dal luogo di origine e dall'epoca di produzione, e ha consentito ai collezionisti di dare vita a insiemi omogenei: photorejetées, photorescapées, photocaviardées, photoencadrées, photoadorées...